“In questa Rubrica quel carrello della spesa si è smarrito sull’autostrada del consumo “incivile” in un momento di disattenzione del suo aguzzino. Ci preoccupiamo di ritrovare alternative forme di antropologia ed enogastronomia sociale, per una nuova e dissidente etnografia contemporanea”

Di food porn, fooders e food blogger, di format televisivi pro e contro il cibo, dell’alternanza tra abbondanza e negazione al consumo e social network, di realtà e immaginifico pornografico… ci parla il libro di Luisa Stagi “Food Porn: l’ossessione per il cibo in TV e nei social media” edito da “Egea, Bocconi” e in uscita in questi giorni.

img-1#foodporn è l’espressione utilizzata per indicare la pratica di chi fotografa il cibo che sta per mangiare o che ha cucinato, e di condividerne l’immagine sui Social Network. Si tratta di un fenomeno diffuso in modo così rilevante che per descriverne in parte la dimensione possiamo dire che nel momento in cui si sta scrivendo l’espressione “food porn” conta 67.895.040 di post su Instagram (#food porn), e 67.400.000 risultati su Google, una voce su Wikipedia e una pagina su Facebook con 1.964.773 di “Like”. In pratica nessuno scampa.

Luisa Stagi è docente di Sociologia Generale e Introduzione agli Studi di Genere, presso l’Università degli Studi di Genova. Dal suo punto di vista è un fenomeno in costante crescita; e in questo lavoro si è chiesta e ci ha chiesto perché sia diventato così diffuso.
Sinceramente io l’ho trovato un bel libro, la Stagi osserva il fenomeno da un punto di vista distaccato, piuttosto sereno, osserva l’amplificazione data al fenomeno dei Mass e le ripercussioni nei Social, che hanno nella televisione la loro Ara di consacrazione. Dal suo osservatorio privilegiato, quello dei comportamenti sociali, non solo riesce a dare il punto ma aiuta chi ne è vittima (chi scrive compreso) a percepirne i meccanismi.

Il testo parte dalle ipotesi dell’origine del concetto di pornografia alimentare: scrive la Stagi: «Alcuni sostengono sia stato Roland Barthes, che nel 1965 l’ha definita “Ciò che offre fantasie a coloro che non possono permettersi di cucinare certi pasti”. L’uso mediale e Social recente del termine pare ricondursi invece a Michael Jacobson, che l’ha utilizzato in contrapposizione al concetto di sana alimentazione il “Food Porn vs Right Stuff”, cioè il food porn è l’antitesi del buon cibo».

Ma la Stagi osserva anche il fenomeno “Eco Food” e i suoi aspetti radicali, come i vegani e vegetariani, osservandone i comportamenti maniacali, non partecipando ad una o all’altra fede ma invitandoci a riflettere sulle deviazioni del fenomeno… talmente ossessivo da essere in qualche forma assimilato ad una compulsione. Argomenta la necessità di pensare a un termine «per connotare un cibo così clamorosamente fuori dai limiti di ciò che un alimento dovrebbe essere, tanto da meritare di essere considerato pornografico».


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Scrive dunque la Stagi: «Food porn, evoca quell’idea di irraggiungibile che, come nella pornografia, stimola fantasie e immaginari repressi. Il termine Food Porn si è delineato nel 1984, quando la scrittrice Rosalinda Coward lo utilizza nel libro “Female Desire in Women’s Sexuality Today” per parlare dello spostamento dal concetto di cibo come dono al cibo come piacere estetico».

Secondo la scrittrice, l’immagine del cibo – la presentazione, l’estetica del piatto – verrebbe progressivamente ad assumere maggiore importanza di chi (come e del perché) l’ha cucinato.
Invece di “dono” che consiste nel preparare una pietanza con affetto e condividerla con amore, il cibo si mostra, si innalza a feticcio e viene contemplato, mostrato e snaturato… diventa pornografia del cibo.
È semmai la scenografia ad assumere importanza: si decontestualizza, si perde in connessione con la realtà, e con essa il desiderio che stimola.. paragonabile a quello sessuale, maschile, cioè visivo. Il cibo non è più seduzione, coccole, casa, scambio culturale. Diventa feticcio, merce, opulenza sfacciatamente estetica… esagerazione.

Il Food porn è la negazione del concetto di “convivio” e di ospitalità, è la morte della cucina nell’ambito familiare, nega la socializzazione delegata ai Social: è la solitudine e la distanza, l’onanismo.. è la masturbazione. #Foodporn diventa l’antinomia di quello che vorrebbe essere: viene infatti mostrato solo nel “Social” inteso come comunione… pensate ad un Gesù che spezza il pane e lo condivide, contro il supermercato del Bio… un mero oggetto di propaganda della plastificazione che potrebbe essere sia come per la cena di Trimalchione sia per la “Merda D’Artista” di Piero Manzoni che nel 1961 ne inscatola dodici, crude e sottovuoto ovviamente.

In seguito, questa tendenza viene confrontata coi Media: «Mai è accaduto prima che la televisione presenti una ridondanza di trasmissioni di cucina, di ricette, di gare culinarie, e dall’altro un moltiplicarsi di format sulla dieta e ildimagrimento». La modernità alimentare sembra infatti potersi costruire nell’interconnessione di tre fenomeni: la sovrabbondanza di cibo, la riduzione dei controlli sociali del gruppo e del mangiare insieme – che ha lasciato al consumatore il peso di una scelta sempre più individualizzata – e il moltiplicarsi dei discorsi sul cibo – che produce «una costellazione o un mosaico cacofonico e contraddittorio di criteri di scelta alimentare».

battesimo-peter-2010-083«L’esistenza nella modernità di una gastronomia priva di regole e allo stesso tempo soggetta a enormi ingiunzioni contraddittorie produce, quindi, come prima conseguenza, uno stato di confusione e di ansia per il consumatore alimentare». Non stupisce che abbondino i discorsi sul cibo, su come cucinarlo, servirlo, mangiarlo o non mangiarlo. Ed occorrono guide, suggerimenti, consigli per orientarsi nella complessità e nella contraddittorietà dello scenario alimentare. Il proliferare di format televisivi sul cibo risponde a questa esigenza.
Tratto da un Post del blog “Trappola per Topi”: «Un’anoressica potrebbe guardare per ore programmi di cucina senza mai cucinare niente. Guardare programmi di cucina non è una cosa da malati, ma lo diventa nel contesto. Ci sono altri esempi: girare per i supermercati, spiare nei frigoriferi in casa di amici, leggere articoli sull’alimentazione biologica, cucinare cose che non si mangeranno mai…».

Si va avanti coi fooder, con i maniaci del cibo etico e gli eco gastronauti di Slow Food e simili, dai ‘divi Chef’, alle rockstar sommelier ai produttori del cibo di massa, dei loro eccessi e delle loro contraddizioni; e sempre citando la Stagi che arriva a citare la “società liquida” di Bauman: «Nella contrapposizione tra la spinta al consumo e la regola di moderatezza e resistenza, della costante contraddizione che viviamo tra dover apparire ed essere, in un mondo che tende agli eccessi, ai partiti contrapposti e alle partigianerie, lo scenario del food porn è solo quindi l’aspetto più evidente».

Daniele De Sanctis

Food porn. L’ossessione del cibo in TV e nei social media
di Luisa Stagi
Editore: Egea

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