Perché non si parla mai di corpo? Perché viene sempre visto come un aspetto secondario rispetto alla mente? Il corpo sembra uno sconosciuto che silenziosamente portiamo con noi lungo tutto il viaggio senza mai conoscerlo. Sappiamo che è lì ma preferiamo guardare fuori dal finestrino piuttosto che guardarci dentro.
Il corpo sembra definito solo da materia, un insieme di elementi che sono fatti per essere parte di un ingranaggio, con un ordine predefinito in cui la pelle funge da organo di separazione con l’esterno. In realtà la pelle porta con sé la nostra storia più intima, quella che non raccontiamo a nessuno perché non ha parole per essere espressa. Non ha parole ma un movimento, ed è tutto suo, unico e irripetibile, ma soprattutto non casuale. Quando questo movimento non è più quello che abbiamo sempre sentito, forte e mai stanco, quando rallenta o in alcuni casi si ferma, allora iniziamo a domandarci chi siamo se non siamo più quel movimento? Iniziamo a capire che quel movimento, o meglio quel corpo, ci rendeva la persona che siamo. Sentiamo che qualcosa si è rotto e che è proprio da lì, dal corpo, che dobbiamo ripartire, o forse partire davvero. Quel corpo, quindi, non sembra più così sconosciuto ma diventa finalmente una parte di noi. Quel corpo, dopo averlo incontrato, dopo averlo conosciuto, diventa la nostra casa. Un corpo da abitare, o meglio da vivere.
Spesso accusiamo il corpo dei segnali che ci invia senza permettergli di continuare questa comunicazione interna che ci permette un ascolto e una comprensione del nostro sentire. Quello che ci si aspetta da lui è il silenzio e il funzionamento, non la messa in discussione. Per essere vissuto il corpo deve essere libero di emozionarsi e di parlare a modo suo. Perché non siamo pronti ad ascoltarlo? Forse perché ci riporta ad un momento della vita in cui lo stare al mondo era fatto di sensazioni e non di parole. Ma se non lo ascoltiamo allora comincia a urlare per farsi sentire. Ed ecco che arriva l’ansia, o l’attacco di panico e la ricerca di modificazioni del corpo come modo definitivo di farlo tacere.
“Il corpo non è fatto per essere ascoltato ma per essere guardato e per essere guardato un corpo deve essere bello”
Così il corpo ha assunto il ruolo del dovere, di quello che deve essere e che se non è si sente in colpa. Siamo nell’epoca del dovere del corpo ed è un dovere di perfezione, che non lascia spazio al tempo che passa ma che cerca in tutti i modi di fermarlo. Abbiamo creato un giudice che non ha pietà e che non pretende altro che perfezione. Così un corpo perfetto equivale a un corpo bello, degno di essere guardato e ammirato, tanto da diventare un modello.
Ma per chi non raggiunge la perfezione come può guardare il proprio corpo? Come può lasciarsi guardare senza provare vergogna? Il corpo diventa qualcosa da nascondere, soprattutto dallo sguardo del giudice che è sempre pronto a dirci quanto siamo sbagliate. E quindi il senso di colpa ci accompagna da quando siamo bambine e non ci abbandona mai. Ci sentiamo in colpa a prescindere, perché nasciamo imperfette e questo lo scontiamo con interesse per tutta la vita. Lo scontiamo insieme al nostro corpo, che assorbe e conserva sotto pelle questo senso di colpa, il quale è sempre pronto a farsi sentire, non aspetta altro che essere toccato. Per cui quando accade qualcosa, nel dubbio, è colpa nostra. Nel dubbio, è colpa del nostro corpo. Salviamo il resto del mondo per condannare il nostro corpo a sentirsi continuamente sbagliato.
E quello stesso corpo, imperfetto, può sentirsi sensuale? Perché anche la sensualità ormai sembra troppo spesso combaciare erroneamente con l’estetica, come se per essere sensuali fosse necessario avere un bel corpo. Non avere un bel corpo implica non potersi guardare ma soprattutto non lasciarsi guardare. Ma se non possiamo lasciarci guardare dall’altro, che ai nostri occhi diventa lo specchio pronto a fare da giudice, come possiamo sentirci liberi di essere sensuali? Che tipo di sessualità vivremo? Una sessualità in cui il nostro corpo è una prigione e non una casa.
Ma la sensualità non è legata al concetto di bellezza. La sensualità è ciò che stimola sensazioni, desiderio e anche piacere. Qualsiasi corpo può stimolare sensazioni e questo prescinde dalla sua estetica. La sensualità è la scoperta e l’accettazione delle proprie sensazioni corporee legate al nostro sentire. Quello che è necessario è riunirle nell’ascolto della nostra unicità: solo se ascoltiamo quello che profondamente sentiamo possiamo pensare di donarci all’altro come persona e non più come oggetto da osservare e da giudicare. In questo modo possiamo permetterci di essere quello che siamo e non dover essere per forza quello che gli altri si aspettano da noi.